Lettera:”Ecografia nel setting pre-ospedaliero: che ruolo per l’infermiere?”

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Titolo originale: “Ecografia nel setting pre-ospedaliero: quale ruolo per l’infermiere di emergenza territoriale?”

VOL. 2 | ISSUE 02 | 2022

ISSN 2674-0028

Autori

  • Luca Inglese, Emergency Nurse Specialist, UOC Emergenza Territoriale 118 e CTIU, Azienda USL Piacenza.
  • Enrico Scabardi, Emergency Nurse, APSS Trento, 118 Trentino Emergenza.
  • Walter De Luca, Emergency Nurse, Dipartimento di Emergenza Territoriale – 118, AUSL della Romagna, Ravenna. Membro del Comitato Scientifico della SIIET.
  • Enrico Lucenti, Emergency Nurse Specialist, UOC Emergenza Territoriale 118 e CTIU, Azienda USL Piacenza. Professore a contratto presso il Corso di Studi in Infermieristica, sede formativa di Piacenza, Università di Parma. Direttore del Comitato Scientifico della SIIET. Consigliere OPI Piacenza.

Gentile Direttore,

Vogliamo portarle una riflessione sul ruolo dell’ecografia nel setting pre-ospedaliero in relazione al ruolo che la stessa può avere per l’infermiere di emergenza territoriale, nuovo ed importante campo d’applicazione e di sviluppo per la pratica assistenziale. È bene ricordare che stiamo parlando di una metodica il cui approccio risulta essere non invasivo, ripetibile e di basso costo. Diversi articoli in letteratura evidenziano l’importanza dell’ecografia nel suddetto setting. L’ecografia POCUS (Point of Care UltraSound) è stata definita come una delle competenze sulle quali investire in ricerca e formazione nell’ambito pre-ospedaliero (1), inoltre deve essere considerata a tutti gli effetti un elemento dell’esame obiettivo (2). Per alcune patologie è essenziale un trattamento rapido sul luogo dell’evento con la possibilità di individuare precocemente il centro ospedaliero più idoneo per quel determinato paziente, in modo tale da evitare ritardi nel trattamento definitivo, spesso causa di danni irreversibili (3). Inoltre, è opportuno sottolineare che questa metodica può influenzare il processo decisionale in merito alla scelta del mezzo di trasporto, come ad esempio un mezzo a terra o un mezzo in volo (4). In altre realtà, al di fuori dei nostri confini nazionali, nell’assessment e management del paziente soccorso in ambito pre-ospedaliero, l’ecografia viene utilizzata dal personale tecnico, supportata da una letteratura più fiorente, con ottimi risultati in termini di sensibilità e specificità (5, 6, 7, 8, 9, 10). Anche in ambito infermieristico esistono studi simili, sebbene numericamente meno consistenti. Essi analizzano principalmente l’applicabilità della metodica FAST (Focused Assessment with Sonography in Trauma) ed E-FAST (Extended Focused Assessment with Sonography in Trauma) con ottimi risultati (11, 12, 13), un’ecografia valutativa, ma anche nella sua componente procedurale, ad esempio, per la verifica del corretto posizionamento del sondino naso-gastrico e del tubo endo-tracheale (14, 12, 13). È bene sottolineare che l’infermiere non esegue mai l’esame ecografico a scopo diagnostico, competenza esclusiva del personale medico, ma a scopo valutativo, nella dimensione in cui la semeiotica ecografica si affianca alla semeiotica tradizionale, a supporto o a completamento. Alla luce di quanto sopra descritto, possiamo porci la seguente domanda: qual è, o meglio quale sarà, il ruolo dell’ecografia nel pre-ospedaliero per l’infermiere del sistema di emergenza territoriale?

Il caso clinico: problemi da risolvere per ottimizzare le cure

Per rispondere a questa domanda, ed avere elementi che possano fornire spunti per un’eventuale discussione futura, partiremmo dal descrivere sommariamente un caso clinico, recentemente accaduto. In questo evento l’infermiere in servizio sul mezzo “india” è stato chiamato in supporto al mezzo di soccorso di base (MSB), già presente sul posto, per una valutazione più approfondita sul sintomo dolore: infatti, a causa dell’intensità del dolore stesso, l’equipaggio del MSB non riusciva a caricare il paziente. È bene precisare che la chiamata iniziale è stata per una sospetta patologia urologica ed il codice d’attivazione del MSB era “verde” non critico.

Giunto sul posto, l’infermiere, attraverso la raccolta di dati soggettivi ed oggettivi, ha rilevato la presenza di uno stato di shock, difficilmente riconducibile al quadro sospettato inizialmente e cioè di una patologia urologica, per la quale il paziente non mostrava nessun segno o sintomo. Dopo aver attuato gli interventi del caso, dal posizionamento di un accesso venoso periferico, all’infusione endovenosa di cristalloidi, al monitoraggio emodinamico del paziente, nel frattempo che l’equipaggio del MSB si preparava per trasportare il paziente sull’ambulanza (procedura resa difficile e lunga a causa dell’architettura dell’abitazione del paziente), l’infermiere ha deciso di eseguire una rapida valutazione ecografica dell’addome, riscontrando la presenza di liquido libero. Allertata la centrale operativa (CO), in sala urgenze il paziente era atteso dal medico di Pronto Soccorso e dal chirurgo di guardia; quest’ultimo ha eseguito una seconda ecografia confermando quanto evidenziato dall’infermiere precedentemente ed il paziente è stato condotto subito in sala operatoria con diagnosi di “verosimile rottura spontanea di milza“.

Ricordiamo che la milza è un organo ematopoietico incapsulato che si trova nel quadrante addominale superiore sinistro, nella cavità peritoneale. Essa è l’organo viscerale più frequentemente lesionato nei traumi addominali contusivi associati alla rottura della stessa. Nei pazienti che invece subiscono una rottura splenica non traumatica, il 7% è dovuto a cause idiopatiche, mentre il restante 93% è attribuito a cause patologiche, com’è stato in questo caso clinico (15).

Suggerimenti migliorativi

Questo evento rientra nelle patologie tempo dipendenti in grado di rappresentare un reale pericolo per la vita del paziente ed il ritardo nella sua identificazione ne aumenta inevitabilmente la mortalità (16, 17). Le informazioni che la FAST può ottenere in ambito pre-ospedaliero,  legate alla presenza di liquido libero intra-peritoneale, potrebbero ridurre notevolmente il tempo che separa il paziente dal trattamento risolutivo, in quelle realtà dove però sono presenti protocolli operativi ben definiti (18), senza prolungare il tempo d’intervento sul posto (19, 20).
Nel caso sopra descritto, è stato sicuramente importante aver pre-allertato il Pronto Soccorso del centro HUB di riferimento per una rapida presa in carico globale del paziente (es. chirurgo presente all’arrivo del paziente). L’aver potuto eseguire un esame valutativo ecografico ha sicuramente permesso una successiva facilitazione diagnostica, se non altro per l’aspetto procedurale intra-ospedaliero. È bene precisare che in questo caso il paziente si trovava non molto distante dall’ospedale più vicino, coincidente con l’HUB provinciale, ma sorge spontanea una domanda: come sarebbe potuto evolvere il caso clinico se lo stesso evento fosse stato localizzato più distante dal centro ospedaliero di riferimento provinciale o in zone territoriali impervie? Tempi di centralizzazione più lunghi avrebbero modificato l’outcome del paziente? A quest’ultima domanda viene spontaneo rispondere di “si” ma la possibilità di valutare quello che realmente sta accadendo al paziente, anche a fronte di una semeiotica, a volte, piuttosto chiara, agevola la decisione dell’equipe e della CO all’interno del sistema HUB & Spoke. La possibilità di allertare risorse aggiuntive e farle precocemente giungere sul posto, dipende molto dal processo valutativo effettuato sul luogo dell’evento (elisoccorso vs mezzi terrestri). La possibilità di esecuzione dell’esame ecografico da parte dell’equipe con infermiere a bordo può quindi rappresentare un’importante azione migliorativa a vantaggio del paziente soccorso.

Conclusione

Il paziente emorragico rappresenta sicuramente una condizione di elevata criticità tempo-dipendente. Il trattamento precoce per le emorragie comprimibili, come quelle non comprimibili, deve poter essere attuato precocemente da parte dell’equipe sanitaria giunta sul posto. La letteratura analizzata affianca al trattamento precoce anche una valutazione altrettanto rapida ed efficace di quello che realmente sta accadendo al paziente, soprattutto nell’ambito, come capitato in questo caso, delle emorragie non visibili esternamente. L’ecografia si inserisce infatti non come una perdita di tempo prezioso tolto al trasporto del paziente ma come un’importante azione a completamento di un processo valutativo che certamente è parte della raccolta dei segni e sintomi e dei parametri vitali. Ne consegue una maggior appropriatezza all’interno del sistema Hub & Spoke ed in termini di risorse aggiuntive, come ad esempio la recente possibilità in Italia di iniziare trattamenti emotrasfusionali direttamente sul luogo dell’evento (21). A conclusione di questa breve argomentazione, si può ritenere opportuno, sicuramente argomento di ulteriore discussione ed approfondimento, che l’infermiere di emergenza territoriale debba avere la possibilità e gli strumenti per favorire questi processi, a tutela e maggior sicurezza del paziente. In questo, a fronte di una formazione specifica e ben definita, l’ecografia potrebbe rappresentare un valore aggiunto al mondo dell’infermieristica nel pre-ospedaliero. È auspicabile l’implementazione di protocolli operativi che integrino maggiormente il territorio con l’intra-ospedaliero in virtù delle informazioni raccolte sul posto grazie all’ecografia, protocolli in grado di condizionare l’appropriatezza delle scelte operative. Interessante, ed oggetto di ulteriori sviluppi, la possibilità, non presa in esame in questa argomentazione, di “trasmettere” le immagini ecografiche ad una postazione medica, al pari della già ben nota teletrasmissione del tracciato elettrocardiografico.

Risponde il dott. Giuseppe Sfuncia, Dirigente medico PS e SUEM118 ‘Ospedale Civile di Venezia

Ringrazio Rescue Press per avermi proposto la lettura di questa lettera “Ecografia nel setting pre-ospedaliero: quale ruolo per l’infermiere di emergenza territoriale?”. Io sono un medico da trincea che lavora in PS ed ha lavorato anche in 118, sono un maniaco delle semeiotica ecografica e la ritengo skill indispensabile da integrare al nostro quotidiano lavoro. Percepisco nella lettura di questo lavoro una richiesta di ” aiuto” perchè oggi purtroppo il ruolo dell’ecografia intesa come Point of care è per qualcuno sconosciuta oppure ostacolata e questo ancor più se ad utilizzarla si tratta di “non medici”. In queste “guerre sanitarie medievali” personalmente ne sono distante ed invece  sono molto ottimista, non perchè esprimo un opinione personale, ma perchè ad oggi 2022 la letteratura è infinitamente ricca di lavori sul ruolo prezioso di POCUS. In ambito preospedaliero, in varie realtà anche europee vedi Rotterdam, gli infermieri sono abilitati ad applicare dei protocolli sonografici in maniera autonoma senza innescare “povere guerre” di abuso di professione medica. Utilizzare la sonda ecografica è l’equivalente di utilizzare un  fonendoscopio, usare uno strumento per poter migliorare il proprio lavoro. L’esempio dell’ shock emorragico proposto in questo paper è lampante, ma POCUS diventa preziosa anche anticipando quadri ad esempio di peri-arresto vedi ad esempio un Pneumotorace o Aneurisma Aorta in rottura, in questi casi una diagnosi precoce permette di salvare una vita il tutto “banalmente e semplicemente” poggiando una sonda. Un grosso capitolo però si apre sulla necessità di un adeguata formazione, perchè l’utilizzo di una sonda in operatori non adeguatamente formati crea una pericolosa perdita di tempo e errate interpretazioni cliniche. 

Un sinergismo di forze medico/infermiere è fondamentale per creare un bellissimo progetto che statisticamente porterebbe ad interventi extraospedalieri veloci e una centralizzazione del paziente mirata. Con una formazione adeguata quindi capacità tecniche di sapere dove e come poggiare la sonda ecografica , può permettere di inviare al medico di CO118 in live le clip ecografiche (proprio come avviene con la teletrasmissione ECG) con una opportuna interpretazione diagnostica di un quadro clinico , questo per bypassare il “bigottismo” sanitario che precedentemente avevo accennato. Altre potenzialità di una ecografia preospedaliera PHUS (scontata E-FAST) sono l’approccio al paz dispnoico, applicando il BLUE protocol, approccio al paziente in shock con il RUSH protocol, insomma le potenzialità direi che sono quasi infinite. Si tratta di creare adeguate competenze e quindi protocolli.  Ecografia infermieristica nel setting pre-ospedaliero? CERTAMENTE CHE SI!   

Buon lavoro a tutti!

Referenze

(1) Bøtker MT, Jacobsen L, Rudolph SS, Knudsen L. The role of point of care ultrasound in prehospital critical care: a systematic review. Scand J Trauma Resusc Emerg Med. 2018 Jun 26;26(1):51.

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(3) El Sayed MJ, Zaghrini E. Prehospital emergency ultrasound: a review of current clinical applications, challenges, and future implications. Emerg Med Int. 2013;2013:531674. doi: 10.1155/2013/531674. Epub 2013 Sep 19. PMID: 24171113; PMCID: PMC3792527.

(4) Brown C, Irfan W, Schoen JE, Marr AB, Stuke LE, Cavalea AC, Mosier WW, Rogers CL, Greiffenstein PP, Moore MM, Hunt JP. Predictors of Inappropriate Helicopter Transport. Am Surg. 2021 Feb;87(2):248-252.

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