La gestione preospedaliera dell’ictus durante la pandemia da COVID-19: un problema emergente in Italia

Walter De Luca1*, Fabio Baldini2
- Emergency Nurse, U.O. Emergenza Territoriale 118 Azienda USL Romagna – Ravenna. Comitato Scientifico SIIET;
- Emergency Nurse Specialist, Dipartimento di Emergenza e Accettazione, Pronto Soccorso, Ausl della Romagna, Ravenna, Italia.
*Corresponding Author: Walter De Luca, Emergency Nurse, Emergenza Territoriale 118 AUSL Romagna – Ravenna. Comitato Scientifico SIIET.
Descrizione Sintetica
La pandemia da COVID-19 ha causato modifiche radicali nella sanità in Italia e nel mondo, influenzando soprattutto la gestione del soccorso preospedaliero. Particolarmente evidenti sono stati i cambiamenti avvenuti nella gestione dell’ictus, considerato comunque un problema costante e sempre presente tra la popolazione
All’editore,
Nel mondo, l’ictus rappresenta la seconda causa di morte e la terza per disabilità [1] con importanti ripercussioni economiche e sociali [1,2]. Ad oggi, in Italia circa l’1.5% della popolazione è colpita da tale patologia [2]. L’ictus comprende un gruppo vario di condizioni che si manifestano come deficit neurologici dovuti al ridotto afflusso ematico cerebrale [2]. I Servizi di Emergenza Medica (EMS) assolvono un ruolo chiave nell’identificare i pazienti colpiti da ictus in quanto rappresentano il primo contatto sanitario per la maggior parte di quest’ultimi [3]. Il tempo onset-to-door (OTD), ovvero il tempo intercorso dall’insorgenza della sintomatologia dell’ictus fino all’arrivo al Pronto Soccorso, è indicativo della qualità del soccorso preospedaliero [4] in quanto impatta sugli esiti cerebrali nel trattamento della patologia. Per evitare il danno anossico e ridurre al minimo le sequele neurologiche è essenziale il riconoscimento e il trasporto tempestivo dei pazienti con sospetto insulto cerebrovascolare nei presidi ospedalieri afferenti alla “rete ictus” [3] individuati nei centri Hub e Spoke.
La pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova l’intero Sistema Sanitario Italiano [4], causando la completa riorganizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA), già consolidati da tempo, tra cui la “rete ictus”, dove talvolta si è osservato la riconversione di Stroke-Unit o Terapie Intensive Neurologiche in Unità COVID-19 o, in altri casi, la chiusura delle stesse, per la necessità di ricollocazione del personale [5].
L’EMS italiano, impegnato in prima linea a causa della pandemia, ha osservato un sostanziale aumento del volume di richieste di soccorso sia per patologie di natura respiratoria e infettiva [6], sia per decessi “out-of-hospital” [7]. Al contrario si è assistito ad una diminuzione di attivazioni di mezzi EMS per patologie a eziologia neurologica [6] comprendenti quindi ictus o attacchi ischemici transitori. Le possibili ragioni alla base del cambiamento nella tipologia di richieste di soccorso potrebbero essere ricondotte al lockdown e ai mutamenti repentini della vita quotidiana, come la chiusura di molti luoghi di lavoro, uniti all’invito, da parte del Governo, a “restare a casa” [8]. Inoltre, la paura di contrarre il virus in ospedale, alimentata dalle autorità sanitarie, dai media e dai medici, ha indotto le persone con sintomi lievi a trascurarli fin quando non era ormai troppo tardi [5]. Per questo motivo sono necessarie campagne d’informazione adeguate a incoraggiare una richiesta di soccorso precoce in caso di sintomi indicativi per ictus [5,9].
L’effetto che ha avuto la pandemia sull’ictus riguarda l’allungamento generale dei tempi OTD dove, a livello internazionale, si osserva un incremento medio da 19 fino a oltre 220 minuti in più per il soccorso [4,10-12]. Uno studio italiano, condotto da Frisullo et al [4], ha determinato che il tempo OTD medio per i pazienti affetti da ictus è passato da una media di 161 minuti a 387 minuti. I lunghi tempi preospedalieri riportati in letteratura possono essere ricondotti, probabilmente, alla riorganizzazione del sistema extraospedaliero per dare priorità a persone affette dal virus [5], alla necessità di indossare i dispositivi di protezione individuali [3,13] e alla possibile saturazione dei mezzi EMS [3].
Si auspica che le istituzioni italiane adottino strategie utili per migliorare la consapevolezza della propria popolazione su questa patologia, chiarendo sia le modalità di esordio, sia il principale corredo sintomatologico, specificando inoltre come una valutazione e un trattamento immediato, attraverso EMS, sia fondamentale per migliorare la qualità di vita della persona affetta da ictus e per ridurre le conseguenze catastrofiche quali disabilità a lungo termine o addirittura morte che ne derivano.
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