Gestione pre-ospedaliera dell’arresto Cardiaco post-traumatico

Gestione pre-ospedaliera dell’arresto Cardiaco post-traumatico
Autore: Matteo Storti Gajani, infermiere SET118, San Paolo della Croce, Roma;
Tutti abbiamo ben chiaro l’algoritmo della catena della sopravvivenza, rappresentazione grafica di procedure che giornalmente i professionisti dell’emergenza-urgenza si trovano a dover affrontare. L’esecuzione del massaggio cardiaco e della Defibrillazione precoce sono due interventi internazionalmente riconosciuti, anche sulla base delle evidenze scientifiche, come i più efficaci nel trattamento dell’Arresto Cardio-Circolatorio.
Tuttavia, esiste un gruppo di pazienti vittime di dinamiche ben precise dove il massaggio cardiaco e la rianimazione “tradizionale” non sono interventi di prima necessità poiché rischierebbero di rivelarsi del tutto inefficaci e controproducenti.
Il cambio protocollo nel Trauma maggiore
Nel paziente vittima di dinamiche traumatiche, l’arresto cardio-circolatorio il più delle volte è causato da un quadro di ipovolemia marcata oppure da altre cause tipiche del TCA (Traumatic Cardiac Arrest) come ad esempio l’Ipossia ed il PNX iperteso.

Come suggeriscono le linee guida ERC 2021 per gli Arresti Cardiaci in Circostanze Speciali, l’RCP nelle dinamiche traumatiche deve assolutamente focalizzarsi sulla gestione delle cause reversibili dell’Arresto Cardiaco, onde evitare di effettuare un’RCP su un così detto “cuore vuoto”. Le stesse linee guida, per evidenziare l’importanza del trattamento delle cause reversibili, affermano che la risoluzione delle stesse è prioritaria rispetto all’esecuzione dell’RCP.

Il cambio di approccio, identifica dunque la necessità di operare immediatamente sulle cause reversibili dell’Arresto Cardio-Circolatorio Traumaticamente indotto che identifichiamo principalmente in:
- Ipossia
- Pneumotorace Iperteso
- Tamponamento Cardiaco
- Ipovolemia

Nell’ algoritmo, vediamo come richiedano attenzione prioritaria alcune operazioni come ad esempio il controllo dell’emorragia massiva (contestuale al riempimento volemico), la correzione dell’ipossiemia (dunque ossigenazione tramite IOT o inserzione di altro dispositivo sovraglottico per un management Avanzato delle vie aeree) e l’esecuzione di manovre chirurgiche a seconda della problematica da correggere come la decompressione del PNX Iperteso o la decompressione del Tamponamento Cardiaco.
Per quanto concerne la gestione avanzata delle emorragie, occorre sottolineare come lo sprint pelvico ricopra un ruolo decisamente importante nell’approccio alle cause reversibili ed al loro relativo trattamento. La presenza di lesioni pelviche clinicamente rilevanti è associata ad un incremento della mortalità1,2, il relativo controllo potrebbe contribuire alla riduzione della perdita ematica, consentendo al professionista di guadagnare tempo prezioso per effettuare altri interventi correttivi3. Per identificare i pazienti con sospetti traumi pelvici, il Royal College of Surgeons di Edimburgo, ha messo a punto un algoritmo per coadiuvare il professionista nella decisione clinica di applicare o meno un sistema di contenimento e riduzione pelvico come, ad esempio, il T-POD.

Come si evince anche dall’algoritmo, rimane di fondamentale importanza una corretta ed approfondita valutazione della scena, ad opera di personale sanitario specializzato, associata ad una considerazione sulle energie cinetiche in gioco.
Per quanto riguarda il riempimento volemico occorre sempre effettuare le dovute valutazioni per raggiungere target pressori adatti alla condizione clinica del paziente. Il concetto di target pressorio, riguarda il raggiungimento di una PA differente a seconda della dinamica traumatica prevalente4.

Per quanto concerne il raggiungimento di tali target, occorre effettuare un’attenta valutazione sulla quantità di liquidi infusi, al fine di non causare e coadiuvare complicanze peculiari dei pazienti vittime di traumi maggiori. Proprio per questo motivo si parla di ipotensione permissiva, un concetto che prevede il raggiungimento anche “parziale” dei target indicati dove si punta ad ottenere valori PA inferiori rispetto ai normali5, consentendo una corretta perfusione d’organo ed una riduzione delle complicanze ischemiche (e non solo, vedi ARDS6).
L’utilizzo dell’Acido Tranexaminico, come già ampiamente dibattuto ed emerso grazie allo studio CRASH-2 è correlato ad un outcome migliore del paziente in termini di sopravvivenza dello stesso7.
L’approccio al Trauma Cranico
La complessa gestione del Trauma Cranico maggiore sul territorio, richiede in primo luogo una corretta e precoce identificazione dello stesso. I primi 10 minuti post-trauma si rivelano infatti fondamentali dal punto di vista fisiopatologico. Nel trauma cranico maggiore, identifichiamo prevalentemente quattro fasi8, responsabili di vari processi fisiologici:
- Fase Critica
- Fase Esponenziale
- Fase Plateau
- Fase di Recupero
Nella Fase critica, che si verifica da T0 ai primi 10 minuti post-impatto, vengono identificate due criticità principali che riguardano l’Apnea ed un coinvolgimento massivo del sistema Simpatico.

La fase di Apnea, è una fase che dipende prevalentemente dall’energia trasferita al Cranio durante l’incidente. Si verifica tipicamente nel Trauma Cranico Commotivo e la sua durata è correlata all’energia che ha colpito il cranio durante l’impatto. Il prolungamento o il sussistere di questa complicanza, provoca danno ipossico diffuso. In questi casi, la gestione avanzata delle vie aeree si rivela fondamentale e prioritaria all’esecuzione dell’RCP.
Nella fase critica, si verifica anche un rapido rilascio di Catecolamine, ipotizzato già nel 1903 dal dott. Cushing che aveva osservato fasi di disregolazione pressoria ed aritmie cardiache neuro-indotte. L’aumento della PA nella fase post-trauma aumenta la dilatazione cerebrovascolare indotta dall’ipercapnia e può promuovere l’edema vasogenico, il danno endoteliale e la rottura della barriera emato-encefalica; si verifica un progressivo aumento della pressione intracranica (ICP) a seconda dell’entità del rilascio di adrenalina e della ritenzione di anidride carbonica. La massiccia secrezione di catecolamine porta inoltre ad un aumento del precarico e del post-carico responsabili dell’insufficienza cardiaca e dell’insufficienza cardiovascolare acuta abitualmente riscontrata in pazienti con trauma maggiore, che si presentano con ipotensione profonda e refrattaria a liquidi e terapia in assenza di emorragie evidenti, esterne o interne.
Nella fase Esponenziale il picco di Catecolamine diminuisce attestando i valori di PA a livelli medio-alti. Potrebbe avvenire un recupero dei drive respiratori, tipicamente con pattern tachipnoico ed iperventilatorio. Ogni intervento di ossigenazione, può però concorrere ad un aumento delle chances di sopravvivenza del paziente. Tuttavia, il danno primario causato al Cervello dal punto di vista dell’ipercarbismo, dell’ipossia e dell’ipertensione intracranica potrebbe progredire.
Nella fase di Plateau la pressione intracranica tende a stabilizzarsi o ad aumentare nuovamente a causa dell’edema vasogenico. L’ematoma intracerebrale può verificarsi a causa del successivo danneggiamento di uno o più vasi, il parenchima ischemizzato continua ad occupare spazio e si verificano ulteriori complicanze veicolate da possibili Emorragie Sub-Aracnoidee e non solo. Il 75% dei decessi dovuti a trauma cranico si verifica nelle prime 48-72 ore.
Nella fase di risoluzione Il collagene e le riparazioni gliotiche progrediscono, il vasospasmo indotto dall’ESA può evocare ischemia tessutale ritardata mentre il parenchima morto raggiunge il massimo del suo gonfiore risolvendosi lentamente. Il rischio di ematoma intracranico ritardato è continuato per 1 o 2 mentre l’idrocefalo post-traumatico può evolvere a breve o lungo termine.

L’identificazione precoce di un’accidente cerebrovascolare associato al suo relativo e precoce trattamento già dal territorio, può contribuire alla riduzione della mortalità in pazienti con traumi cranici maggiori.

Sostenere un’adeguata ventilazione e promuovere una corretta ossigenazione associata ad un’altrettanto corretto controllo dell’ipercapnia sono le caratteristiche salvavita per questi pazienti e devono essere considerate anch’esse prioritarie rispetto ad altri interventi come, ad esempio, il Massaggio Cardiaco9.
Bibliografia
(1) Papakostidis C, Giannoudis PV. Pelvic ring injuries with haemodynamic instability: efficacy of pelvic packing, a systematic review. Injury. 2009
(2) Lee C, Porter K. The prehospital management of pelvic fractures. Emerg Med J. 2007
(3) The Pre-hospital Management of Pelvic Fractures: Initial Consensus Statement
(4) Lo Shock e la gestione delle Emorragie Massive OMM
(5) Ipotensione Permissiva, NAEMT
(6) Kolarik M, Roberts E. Permissive Hypotension and Trauma: Can Fluid Restriction Reduce the Incidence of ARDS? J Trauma Nurs. 2017
(7) oberts I, Shakur H, Coats T, Hunt B, Balogun E, Barnetson L, Cook L, Kawahara T, Perel P, Prieto-Merino D, Ramos M, Cairns J, Guerriero C. The CRASH-2 trial: a randomised controlled trial and economic evaluation of the effects of tranexamic acid on death, vascular occlusive events and transfusion requirement in bleeding trauma patients. Health Technol Assess. 2013
(8) The Neglected Prehospital Phase of Head Injury: Apnea and Catecholamine Surge, Mayo Clinic
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