Effetti della pandemia COVID-19 negli infermieri del sistema di emergenza pre-ospedaliera

Le conseguenze della pandemia da COVID-19 negli infermieri del sistema di emergenza pre-ospedaliera: studio osservazionale mediante l’utilizzo dello “Screening Questionnaire for Disaster Mental Health” (SQD)
Walter De Luca1, Yari Barnabino2, Flavio Gheri3, Enrico Lucenti4
- Emergency Nurse, U.O. Emergenza Territoriale 118 Azienda USL Romagna – Ravenna. Comitato Scientifico SIIET;
- Emergency Nurse Specialist, S.C.D.O. Servizio Emergenza Sanitaria Territoriale 118, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara. Professore a contratto presso l’Università del Piemonte Orientale, CdL in Infermieristica sede di Vercelli. Comitato Scientifico SIIET;
- Emergency Nurse, S.O.C Emergenza Territoriale 118 Firenze-Prato e CUR Toscana Soccorso, Azienda USL Toscana Centro. Docente a contratto presso l’Università degli Studi di Firenze, CdL in Infermieristica. Comitato scientifico SIIET;
- Emergency Nurse Specialist, U.O.C. Emergenza Territoriale 118 e CTIU, Azienda USL Piacenza. Professore a contratto presso l’Università di Parma, Sede Formativa di Piacenza, Corso di Studi in Infermieristica. Direttore del Comitato Scientifico di SIIET.
* Corresponding Author: Walter De Luca, Emergency Nurse, Emergenza Territoriale 118 AUSL Romagna – Ravenna. Comitato Scientifico SIIET. E-mail: delucawalter92@gmail.com
ABSTRACT
Introduzione La pandemia da COVID-19 ha fatto emergere il ruolo cruciale degli infermieri e il loro impegno nel fronteggiare tale situazione. L’Italia ha mostrato un incremento sostanziale di richieste di soccorso per patologie respiratorie e il personale infermieristico impiegato sui mezzi di soccorso è stato travolto dalla situazione con conseguenti ripercussioni psicofisiche quali depressione e Post Traumatic Stress Disease (PTSD). Lo studio mira a valutare l’impatto dell’emergenza pandemica sugli infermieri del Sistema di Emergenza Territoriale (SET).
Metodo Analisi di depressione e PTSD mediante “Screening Questionnaire for Disaster Mental Health”. Il questionario è stato distribuito tra gli infermieri italiani afferenti al SET con campionamento non probabilistico tra il 1° dicembre 2020 e il 31 gennaio 2021.
Risultati Hanno partecipato allo studio 441 infermieri italiani con età media 43,28 anni (DS ± 9,38), l’esperienza lavorativa media nel SET è 11,68 anni (DS ± 7,98). Il 6,12% dei partecipanti lavora presso una Centrale Operativa (CO), il 72,34% è impegnato nel soccorso territoriale e il 21,54% opera in entrambi i setting. Il 17,01% del campione è ad alto rischio per PTSD e il 15,65% per depressione.
Discussione Il campione è costituito da infermieri generalmente esperti nel soccorso territoriale. Il rischio di PTSD e depressione rientra nei range individuati in letteratura. L’analisi per setting operativo ha evidenziato un maggior rischio di sviluppare PTSD per gli infermieri che svolgono attività di CO, con valori quasi doppi rispetto a chi opera solo sui mezzi di soccorso. Il personale con poca esperienza nel SET risulta soggetto a maggiori esiti per le 2 sintomatologie.
Conclusione Il personale inesperto e quello impegnato nelle CO è risultato maggiormente vittima di PTSD e depressione. È essenziale attuare piani per permettere al personale del SET di superare tali situazioni di criticità e prevenirle.
PAROLE CHIAVE Emergency Nurse, pandemia, COVID-19, emergenza territoriale, PTSD, depressione
INTRODUZIONE
Il 2020 si sarebbe prospettato un anno molto importante per gli infermieri: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si preparava a celebrare la figura professionale istituendo l’anno dell’infermiere e dell’ostetrica[i]; purtroppo, tale anno, passerà agli annali come l’anno della pandemia di SARS-CoV-2, per la quale è stato dimostrato il ruolo cruciale che gli infermieri rivestono nei diversi setting di cura, esse sono figure necessarie per garantire una risposta efficace, efficiente e umana per un sistema sanitario[ii].
Nell’intero sistema di soccorso, il personale sanitario è generalmente più impiegato rispetto a Vigili del Fuoco e Corpi di Polizia[iii] e, per questo motivo, potrebbe incorrere a maggiore stress rispetto agli altri servizi di emergenza[iv]. Gli infermieri, come gli altri professionisti, hanno dimostrato sin dai primi momenti l’impegno necessario a fronteggiare questa situazione senza precedenti[v], ma non senza ripercussioni su loro stessi. Infatti, l’elevato rischio di contagio e l’alto tasso di mortalità causati dalla COVID-19 possono scaturire un forte senso di ansia nel personale sanitario[vi], specialmente nei dipartimenti di emergenza, i quali possono essere considerati a maggior rischio, in quanto i pazienti con sospetta infezione da COVID-19 tendono a sostare più a lungo[vii]. In generale, la ridotta esperienza lavorativa può causare depressione7 e il personale infermieristico è a maggior rischio di sviluppare Post Traumatic Stress Disease (PTSD)7,[viii], questo perché il contatto stretto e prolungato con un paziente può determinare un incremento di fatica, stress e ansia8,[ix].
La PTSD può essere definita come un disordine psichiatrico causato da un evento drammatico che viene percepito come un trauma dalla persona[x], che insieme alla depressione possono generare effetti anche protratti nel tempo[xi]. Per ridurre le sequele psicologiche derivanti dalla pandemia negli operatori, si sono resi necessari gli interventi di psicologi per favorire la loro ripresa11.
L’Italia è considerata l’epicentro epidemico europeo per il riscontro di un elevato numero di soggetti affetti da COVID-19 già nelle prime fasi[xii]; difatti, dai dati forniti dalle Sale Operative Regionali dell’Emergenza Urgenza (SOREU) lombarde, in concomitanza delle prime 2 ondate epidemiche (marzo-aprile e ottobre-novembre), è stato registrato un importante incremento di richiesta di soccorso per problemi di natura respiratoria, passando dalle circa 200-300 chiamate giornaliere per tale sintomatologia, a picchi di oltre 1.400 e 1.000 chiamate rispettivamente per la prima e seconda ondata[xiii], generando un sovraccarico emotivo e di lavoro per il personale operante nel Sistema di Emergenza Territoriale (SET).
Allo stesso tempo, il personale impiegato sulle ambulanze ha affrontato in prima persona il soccorso ad un elevatissimo numero di persone affette dal morbo, talvolta in condizioni critiche, con la costante paura di esserne prima vittima e poi vettori a loro volta[xiv]. Il rischio di contagio per il personale del SET 118 è ampliato dal setting operativo specifico dei mezzi di soccorso a causa di risorse e spazi di manovra molto limitati[xv]; inoltre, la gestione avanzata delle vie aeree o la ventilazione, interventi fondamentali nel trattamento di persone con grave distress respiratorio, sono procedure ad elevata generazione di aerosol15 che favoriscono la trasmissione del virus.
L’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) si è dimostrato di notevole importanza in quanto permette di proteggersi dall’infezione e di limitarne la diffusione[xvi], ma il loro costante utilizzo è causa di affaticamento e stress per i soccorritori che, per questo, possono essere indotti in errore15, aumentando quindi il rischio sia per i pazienti che per loro stessi, in quanto, a causa di manovre accidentali, potrebbero infettarsi a loro volta15.
Uno studio italiano condotto dalla Società Italiana della Medicina di Emergenza-Urgenza (SIMEU)[xvii] ha analizzato come i professionisti dell’emergenza abbiano risposto allo stress causato dall’epidemia: il 2,9% del campione faceva uso di benzodiazepine o neurolettici, il 4,4% faceva uso di analgesici, il 5,6% utilizzava ipnotici e il 18,7% abusava di alcol o droghe. Gli autori, però, affermano che i valori di burnout e depressione erano comunque bassi, associati principalmente a personale giovane e di genere femminile.
Scopo di questo studio è valutare l’impatto psichico causato dagli eventi traumatici che attanagliano l’attività professionale dell’infermiere impegnato nell’emergenza territoriale in questo contesto di pandemia.
METODO
A seguito di una revisione generale e specifica dell’argomento, è stato individuato lo strumento “Screening Questionnaire for Disaster Mental Health” (SQD) per il quale è disponibile la versione validata in italiano[i]. Il questionario, sviluppato in Giappone e rivolto alle vittime di disastri su larga scala, è costituito da 12 items raggruppabili in due sotto scale: SQD-P per l’analisi della PTSD e SQD-D per la depressione18. Dato l’importante impatto che la pandemia ha avuto a livello mondiale[ii] e le conseguenze che questo ha causato nella psiche dei professionisti sanitari8,9, gli autori di questo studio hanno quindi deciso di utilizzare lo strumento sopracitato per analizzare le ripercussioni dei recenti eventi nella popolazione infermieristica dell’emergenza territoriale.
I criteri di inclusione allo studio possono essere riassunti in:
- essere infermiere;
- essere impegnato in attività di emergenza territoriale e/o centrale operativa;
- lavorare in Italia.
Il questionario è stato riprodotto tramite “Google Moduli” e condiviso tra il 1° dicembre 2020 e il 31 gennaio 2021, dapprima diffuso tra i membri della Società Italiana di Infermieri di Emergenza Territoriale (SIIET) e poi, attraverso il campionamento non probabilistico a “palla di neve”[iii] è stato chiesto ai partecipanti di coinvolgere i propri contatti operanti nel settore dell’emergenza territoriale, anche al di fuori della SIIET. L’analisi dei risultati è avvenuta mediante Microsoft Excel.
La struttura del questionario prevede 2 sezioni:
- caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti (5 item a risposta multipla);
- questionario SQD (12 item a risposta dicotomica sì =+1; no =0).
RISULTATI

Hanno partecipato allo studio 441 infermieri afferenti al SET. I dati sociodemografici e le caratteristiche del campione sono descritti nella tabella 1. L’età media del campione è 43,28 anni (DS ± 9,38), l’esperienza lavorativa media nel SET è 11,68 anni (DS ± 7,98). Il 6,12% (N=27) dei partecipanti svolge la propria attività all’interno di una Centrale Operativa (CO), il 72,34% (N=319) è impegnato nel soccorso a bordo di un’ambulanza e/o automedica e il 21,54% (N=95) opera in entrambi i setting.
Come mostrato dalla Tabella 1, la provenienza del campione risulta di 1 unità (0,23%) dall’Abruzzo, 10 (2,27%) dalla Basilicata, 15 (3,40%) dalla Campania, 130 (29,48%) dall’Emilia-Romagna, 1 (0,23%) dal Friuli Venezia Giulia, 6 (1,36%) dal Lazio, 36 (8,16) dalla Liguria, 31 (7,03%) dalla Lombardia, 28 (6,35%) dalle Marche, 5 (1,13%) dal Piemonte, 35 (7,94%) dalla Puglia, 41 (9,30%) dalla Sardegna, 58 (13,15%) dalla Toscana, 2 (0,45%) dal Trentino Alto Adige, 15 (3,40%) dalla Valle D’Aosta e 27 (6,12%) dal Veneto. Non sono pervenute risposte da infermieri operanti nei SET di Calabria, Molise, Sicilia e Umbria.
Il 55,33% del campione (N=244) è socio SIIET, il 45,67% (N=197) no.

La Tabella 2 rappresenta le risposte fornite al questionario, analizzate in maniera indipendente.
Tabella 2. Risposte ai quesiti del “Screening Questionnaire for Disaster Mental Health”
La progettazione del questionario permette di analizzare separatamente il rischio di PTSD e depressione. Mediante l’impiego dello SQD-P e procedendo all’analisi aggregata dei quesiti D3, D4, D6, D7, D8, D9, D10, D11, D12 per ciascuno dei partecipanti, è possibile stratificare il rischio di incorrere in PTSD. 277 (62,81%) infermieri hanno ottenuto un valore compreso tra 0 e 3, pertanto, secondo gli autori del questionario, il rischio di PTSD è poco probabile; per 89 (20,18%) il risultato è tra 4 e 5, quindi possono essere moderatamente affetti da PTSD; 75 (17,01%) hanno totalizzato un punteggio tra 6 e 9 e con un’alta probabilità di incorrere in PTSD.
Allo stesso modo, secondo l’utilizzo dello SQD-D, aggregando le risposte affermative ai quesiti D1, D2, D3, D5, D6, D10, si può determinare il rischio di depressione del campione. 372 (84,35%) hanno un punteggio tra 0 e 4, con un rischio di depressione basso, mentre 69 infermieri (15,65%) hanno con un punteggio tra 5 e 6, con un probabile rischio di sviluppare depressione.
Si è inoltre voluto verificare l’incidenza che può avere il setting operativo, pertanto sono state analizzate separatamente le risposte fornite da coloro che operano sui mezzi di soccorso, in CO o in entrambi i contesti (Tabella 3).

L’analisi specifica dello SQD-P rivolta agli infermieri operanti unicamente nel soccorso territoriale ha permesso di determinare che 196 (61,44%) di loro hanno ottenuto un punteggio inferiore o uguale a 3, 66 (20,69%) tra 4 e 5 e 57 (17,87%) maggiore o uguale a 6.
Per lo SQD-D in 265 (83,07%) hanno ottenuto un punteggio tra 0 e 4, in 54 (16,93%) tra 5 e 6.
Lo stesso approccio è stato seguito per coloro che operano in CO ed è emerso che per lo SQD-P in 13 (48,15%), 6 (22,22%) e 8 (29,63%) hanno ottenuto rispettivamente un punteggio tra 0 e 3, 4 e 5, 6 e 9. Per lo SQD-D in 21 (77,78%) hanno ottenuto tra 0 e 4 e in 6 (22,22%) tra 5 e 6.
Infine, l’analisi è stata rivolta a coloro che svolgono il servizio sia sui mezzi di soccorso che in CO ed è stato rilevato che per 68 di loro (71,58%) il rischio di incorrere in PTSD è basso (0-3), per 17 (17,89%) è moderato (4-5), per 10 (10,53%) è alto (6-9). Per lo stesso campione, 86 (90,53%) hanno poca probabilità di incorrere in depressione (0-4), 9 (9,47%) hanno un’alta possibilità di manifestare sintomi depressivi (5-6).
L’ultima analisi affronta il rischio di PTSD e depressione correlato all’esperienza lavorativa posseduta nel SET, rispettivamente pari a 0 – 2 anni, 3 – 5 anni, 6 – 10 anni, 11 – 15 anni e oltre i 15 anni (Tabella 4).
Tabella 4. Correlazione tra esperienza e PTSD/depressione

Per quanto riguarda i 61 (13,83%) infermieri con esperienza 0 – 2 anni, in 35 (57,38%) hanno un rischio lieve di PTSD, in 10 (16,39%) moderato, in 16 (26,23%) lo hanno severo; per lo stesso campione, 47 (77,05%) hanno un basso rischio di sviluppare depressione, 14 (22,95%) lo hanno maggiore. I 79 (17,91%) con esperienza 3 – 5, sono in 55 (69,62%) a basso rischio per PTSD, in 15 (18,99%) a rischio moderato e in 9 (11,39%) ad alto rischio per PTSD; per 73 (92,41%) il rischio di depressione è basso, per 6 (7,59%) è alto. Tra i 77 (17,46%) infermieri con esperienza 6 – 10 anni, in 40 (51,95%) hanno un rischio lieve di PTSD, in 23 (29,87%) moderato, in 14 (18,18%) lo hanno severo; per lo stesso sottogruppo, 63 (81,82%) hanno poca probabilità di sviluppare depressione, 14 (18,18%) ne hanno maggior probabilità. Gli 82 (18,59%) con esperienza 11 – 15 anni sono in 57 (69,51%) a basso rischio per PTSD, in 15 (18,29%) a rischio moderato e in 10 (12,20%) ad alto rischio per PTSD; per 73 (89,02%) il rischio di depressione è basso, per 9 (10,98%) è alto. Infine, tra i 142 (32,20%) infermieri con esperienza superiore a 15 anni, in 90 (63,38%) hanno un rischio lieve di PTSD, in 26 (18,31%) moderato, gli altri 26 (18,31%) lo hanno severo; per lo stesso sotto campione, 116 (81,69%) hanno poca probabilità di sviluppare depressione, 26 (18,31%) ne hanno maggior probabilità.
DISCUSSIONE
La finalità dello studio è quella di far emergere eventuali situazioni reali o potenziali di stress o depressione tra il personale infermieristico impiegato nel SET in questo periodo storico rappresentato dalla pandemia di COVID-19.
Il primo elemento che si vuole far risaltare è l’esperienza lavorativa media del campione nel SET: questa è pari a 11,68 anni (DS ± 7,98), ciò è essenziale in quanto, secondo le teorie di Benner[i], permette di affermare che il personale afferente al sistema 1.1.8. è generalmente esperto, quindi è in grado di comprendere al meglio la situazione in cui si trova e di modulare il proprio comportamento in relazione a ciò[ii]. Nello specifico il 50,79% ha oltre 10 anni di esperienza e può essere definito esperto moderato (10 – 15 anni di esperienza) o esperto avanzato (>15 anni)[iii].
Analizzando l’intero campione, il 17,01% (N=75) è ad alto rischio di PTSD, dato in linea a quanto ritrovato in letteratura3,[iv],[v],[vi], dove tra l’11% e il 21% dei soccorritori manifesta sintomi indicativi di PTSD, incidenza simile anche per gli infermieri che operano nelle terapie intensive (TI)[vii],[viii]; ma, secondo Luftman et al.[ix], il personale impegnato nel SET è quasi due volte più a rischio rispetto a chi lavora in TI o sala operatoria. Per lo stato depressivo, i sintomi sono presenti nel 15,65% (N=69) del campione; valori simili sono ottenuti in una revisione sistematica che ha confrontato 27 studi internazionali24. Il dato rilevato è, in realtà, quasi incoraggiante se confrontato con altri studi dove la depressione è presente tra il 28,7% e il 46,5% degli infermieri di area critica27,[x],[xi].
L’analisi specifica per setting operativo ha evidenziato che chi lavora in CO ha valori quasi doppi nello sviluppare PTSD rispetto a chi opera sui mezzi di soccorso (29,63% Vs 17,87%). Questo valore risulta maggiore anche se confrontato ad altri studi26,[xii] nei quali è stata rilevata un’incidenza di PTSD tra coloro che ricevono la richiesta di soccorso e gestiscono i mezzi tra l’11,3% e il 17,6%. Anche i sintomi depressivi affliggono maggiormente gli operatori di CO (22,22%) rispetto agli altri componenti del SET e anche Lilly et al.32 hanno individuato valori analoghi.
I motivi che possono contribuire ad incrementare lo stress degli operatori di CO possono essere individuati nel lavoro solitario in turni notturni e nel fine settimana, nel carico di lavoro elevato che potrebbe rendere difficoltoso prendere una pausa e nel conflitto tra essi e il personale impegnato sui mezzi[xiii].
Nell’ultima analisi sono state correlati il rischio di PTSD e depressione con l’esperienza maturata nel SET. La stratificazione del campione è stata eseguita prevedendo 5 categorie: principianti (0 – 2 anni)[xiv], competenti (3 – 5)34, appena esperti (6 – 10) [xv], moderatamente esperti (11 – 15)35, esperti avanzati (>15 anni)35. Da questa suddivisione è emerso che il 32,20% (N=142) del campione è costituita da personale con più di 15 anni di esperienza nel SET, quindi infermieri altamente formati che hanno sviluppato capacità di leadership[xvi] fondamentale nella gestione del soccorso.
Il gruppo dei principianti risulta vittima di maggiori esiti psicologici: il 26,23% (N=16) ha sviluppato PTSD severa e il 22,95% (N=14) depressione. Infatti, Carmassi et al.14 indicano che i soggetti giovani o con poca esperienza lavorativa sono solitamente più affetti da sintomi conseguenti allo stress.
I gruppi che invece presentano meno soggetti affetti da PTSD e depressione sono i competenti (11,39% – 7,59%) e i moderatamente esperti (12,20% – 10,98%). Il rischio di PTSD e depressione per gli infermieri che rientrano nei gruppi di appena esperti e esperti avanzati risulta intermedio rispetto a quelli sopracitati: tra gli appena esperti il 18,18% (N=14) è a rischio per PTSD e il 18,18% (N=14) per depressione; tra gli esperti avanzati il 18,31% (N=26) è a rischio per PTSD e il 18,31% (N=26) per depressione. Questo andamento altalenante dei problemi di natura psicologica, tra i vari gruppi suddivisi per esperienza, potrebbe influire negativamente sui professionisti causando un incremento di assenteismo, perdita di produttività e soprattutto riducendo la qualità dell’assistenza diretta ai pazienti con conseguente diminuzione degli outcome positivi31.
Per ovviare a queste problematiche, potrebbe essere utile incrementare la resilienza dei professionisti[xvii],[xviii], pertanto i manager e coordinatori infermieristici dovrebbero impegnarsi nell’istituire dei percorsi utili a favorire lo sviluppo della resilienza tra gli infermieri[xix],[xx].
CONCLUSIONE
Lo studio non è esente da limiti: gli autori hanno deciso di omettere l’analisi del genere (maschile, femminile) in quanto la relazione tra questo e gli stati emotivi è già ampiamente documentata in letteratura14,17,26; pertanto, in questo studio, sono state analizzate le ripercussioni sugli infermieri afferenti al SET date dal lavoro e amplificate dalla situazione pandemica.
Un altro limite individuato consiste nella mancata risposta da parte del personale infermieristico operante in alcune regioni, quindi i risultati ottenuti non forniscono un’immagine completa della situazione nel Belpaese.
Il SET è composto sia da equipaggi operanti su mezzi di soccorso, sia da operatori di centrale che muovono tutta la macchina organizzativa necessaria all’espletamento delle missioni. I valori ottenuti per PTSD e depressione rispecchiano quelli disponibili nella letteratura precedente alla pandemia, pertanto è ipotizzabile che il personale del SET sia fisiologicamente preparato a sopportare situazioni ad alta intensità emotiva. Si potrebbe credere che solo chi vive direttamente sulla propria pelle le talvolta drammatiche scene del soccorso sia vittima di PTSD e depressione, ma spesso anche il personale di CO subisce le conseguenze dello stress di quegli attimi concitati nei quali bisogna agire tempestivamente. Infatti, in questo studio, gli operatori di CO risultano quelli maggiormente esposti a PTSD e depressione. In letteratura sono presenti pochi articoli che affrontano l’argomento e recentemente è stato pubblicato uno studio tedesco a riguardo che descrive quantitativamente quanto possono essere a rischio i professionisti26.
Come già descritto dagli articoli citati7,14, anche in questo studio il personale principiante è quello più sofferente sotto il profilo psicologico, perciò diviene essenziale attuare piani per permettere al personale di superare tali situazioni di criticità39,40. È utile approfondire e capillarizzare lo studio al fine di agire puntualmente e ridurre al minimo i rischi derivanti da PTSD e depressione tra i professionisti impegnati nel SET.
INTERESSI
Gli autori dichiarano che non hanno conflitti di interesse associati a questo studio.
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